Calma piatta

Capitano, quelle giornate in cui ci alza pieni di buoni propositi e poi basta un niente per essere colpiti dall’accidia e non aver voglia di fare (quasi) nulla, destinando compiti e impegni ad altra occasione. Altro che ‘non rimandare a domani quel che puoi fare oggi’, secondo uno di quei proverbi che hanno ‘tormentato’ gli ex giovinetti nati nel secondo dopoguerra, installando mai sopiti sensi di colpa..
E infatti nonostante il fiero intento di recarmi alla consueta lezione di ginnastica, che tanto bene fa e contribuisce a mantenere agili le ‘venerande’ giunture, preparando tutto il necessaire, borsa, tappetino ecc.ecc. sul corridoio di casa con un giusto anticipo, è bastato sedersi una decina di minuti sul divano, con il portatile aperto sulle pagine on-line del quotidiano locale, per cadere in un precoce stato di simil-abbiocco.
-Sono stanchissima- ho detto al consorte, sollevandomi a fatica per recarmi ad adempiere il dovere ‘fisico’.
-Se tu mi proponessi un caffè in centro- ho aggiunto -potrei ‘marinare’ la palestra e uscire con te…-
Non che questa ipotesi fosse al top dei desideri dell’amato bene, ma, per compiacere la sua signora, ha acconsentito… con una certa calma.
E con calma siamo usciti, abbiamo bevuto il nostro caffè, abbiamo sbrigato alcune commissioni e, quand’è stato mezzogiorno, invece di tornarcene a casa per un casalingo desinare, abbiamo optato per una pizza in un locale a due passi dal centro, primi clienti della giornata.
Per finire, l’abbiocco post prandiale sul divano di casa con qualche appisolamento e risvegli…sobbalzanti, prima di essere accompagnata in auto alla lezione di inglese, ché la mezz’ora di strada, con decisa salita, per raggiungere l’elegante appartamento dell’English teacher era al di là delle mie odierne ‘capacità’. E’ bastata la discesa di rientro!
Una giornata, insomma, da calma piatta…
Domani, invece, sarò a Treviso, con l’amica Silvana, per visitare la mostra dedicata all’artista olandese Cornelis Escher. Sarà d’uopo essere sveglia e attenta 🙂

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Aggiornamenti 1

Eh sì, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta in questo periodo di silenzio.. bloggistico.
Una fila di giorni, l’uno accanto al’altro, ognuno simile e ognuno diverso, pieni di impegni, di scadenze, di momenti lieti e di momenti di noia, di gioie e di qualche dispiacere, di speranze e di delusioni, di vita, in ultima sintesi.
E che sono passati veloci, settimana dopo settimana, mese dopo mese, tanto da lasciarti increduli davanti al calendario… Già qui, ti viene da dire,già agli inizi di aprile 2016. Ma come è possibile che siano trascorsi tanto in fretta che non ce ne siamo quasi accorti? E cosa abbiamo fatto, giorno dopo giorno?
Beh, le solite ‘cose’, la montagna, la ginnastica, il volonteroso volontariato, l’inglese, i virtuosi ritrovi con i colleghi pensionati, tanti incontri ‘socializzanti’ con questa o quella amica, le visite ai parenti… la normale routine, insomma.
Senza particolari problemi di salute, eccezion fatta per qualche piccolo acciacco della giovinezza che avanza, un doloretto un giorno qui, il dì seguente lì, una bottarella di stanchezza la sera, con la palpebra che ti cala nei momenti meno propizi, ma nulla di grave, ringraziando il cielo e tenendo le dita ben incrociate.
Ma ci sono state anche grandi novità che hanno caratterizzato il 2015 (e l’inizio di questo nuovo anno) che meritano un discorso a sé stante.
La prima, in ordine cronologico, riguarda il figlio minore che, dal marzo dello scorso anno, sta gestendo un rifugio a due passi dalla città, in ottima posizione con stupenda vista su Trento e montagne circostanti, nelle vesti di cuoco. Lui in cucina e l’amico e socio Fabio in sala, con la giovane moglie. E chi c’è stato per tutto il 2015 dietro ai fornelli, in funzione di aiuto chef, lavapiatti, sguattero, ecc.ecc.? Ma il padre, vale a dire il mio amato consorte che si è impegnato in prima persona e a tempo pieno a dare una mano al diletto figliolo.

Così ogni mattina, salvo il giorno di chiusura, raggiungeva il rifugio e, indossati i panni del cuoco in seconda, lavorava fino a sera, operoso e alacre, obbedendo e collaborando, talora consigliando (e non sempre ascoltato)…E la di lui moglie, si chiederà qualcuno? Che faceva colei? Collaborava anch’ella alla gestione culinaria della struttura o operava in veste di lavapiatti? Niente di tutto questo, cari amici. La sottoscritta, moglie e madre, partecipava in veste di commensale (pagante) alla buona riuscita dell’impresa, gareggiando per il titolo di ‘cliente più affezionata’ con il padre del socio Fabio, anch’egli spesso seduto al desco.. Oltre a lavare e stirare le bianche giacche da chef dei due cuochi, ovviamente.

Così mi sono ritrovata, per quasi tutto il 2015, nelle vesti di una specie di ‘vedova bianca’, a dovermi gestire il tempo libero che fino ad allora avevo condiviso con il marito. Oddio, non mi sono persa d’animo e, tra una vacanzina oltreoceano con l’amica Patrizia e una in terra greca con la Sat, le numerose escursioni della Sat stessa, domenicali e infrasettimanali ed i restanti impegni che caratterizzano le mie giornate, il tempo è passato talmente rapido da ritrovarmi alla fine dell’anno e alla chiusura per ferie invernali del rifugio quasi senza che me ne accorgessi.

In giugno, poi, e questo è stato il secondo avvenimento (con la A maiuscola) si è sposato il figlio maggiore, Mattia, con la sua amata Francesca. Un matrimonio decisamente agli antipodi di quello tra Paolo e me, nel lontano 1976: una grande festa con oltre 130 invitati, che ha soddisfatto tutti (o quasi), dalle anziane nonne ai più giovani e giovanissimi, con pranzo, musica e balli, che si sono protratti fino a notte e con tutto quello che una cerimonia comporta, dalle partecipazioni alle bomboniere, all’abito della sposa che lo sposo ha visto solo al momento ‘giusto’ e al boquet di fiori, rigorosamente lanciato in aria tra le invitate più giovani, ansiose di afferrarlo, senza contare un Signor viaggio di nozze che ha avuto come meta…le Hawaii. In verità, in tutta questa organizzazione, il mio unico compito è stato quello di trovare l’abito adeguato al mio ruolo di madre dello sposo, nonché le scarpe con tacco, un’impresa, quest’ultima, che mi ha vista girare dentro e fuori non so quanti negozi di calzature.

Infine, la Super Novità, annunciata poco dopo il ritorno dalla luna di miele: c’era un bambino in arrivo. Una gravidanza ‘felice’, senza particolari problemi e il 25 febbraio di quest’anno è nata Tessa, una bambolina speciale, per la gioia di genitori, nonni e parenti vari.
Ed io, da nonna orgogliosa e contenta, nonché tecnologicamente avanzata, me ne vado in giro con le foto di questa frugolina adorabile, che mostro con malcelato orgoglio (e dire che non ho mai avuto nel portafoglio alcuna foto dei miei figli!!)

P.S. Avrei voluto postare una foto mia con neonata tra le braccia, ma, ahimè, ogni tentativo è stato vano. Dovrò rispolverare le mie conoscenze tecniche, spazzando via tutte le ragnatele della dimenticanza )D

 

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Tentativo

Dopo quasi due anni di assenza da queste pagine, stasera, 28 marzo, anno di grazia 2016, sono stata presa da uno slancio ‘scrittorio’ e sono tornata qui. Ovviamente non è stata una faccenda tanto semplice, perché la lunga ‘latitanza’ mi ha fatto dimenticare qualsiasi procedura tecnica, da come entrare nella bacheca a come ‘postare’ anche solo quattro righe iniziali.
Per  fortuna ricordavo la password e, utilizzando le spiegazioni di tale Salvatore Aranzulla che su Internet spiega e questo e quello di tanti procedimenti legati alle moderne tecnologie comunicative, sono qui che scrivo…
Ed allora, se leggerò (e magari qualcun altro leggerà) questo scritto, vorrà dire che ho riacquistato un briciolo di padronanza tecnica, quindi potrò ridare un po’ di vita a queste pagine abbandonate…
Intanto, buona notte a tutti voi. See you soon!!

 

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Stava, una tragedia da non dimenticare

19 luglio 1985, una bella giornata estiva, calda e assolata, tempo di vacanze, di ferie, di riposo.
Nella piccola valle di Stava, a due passi dalla più celebre valle di Fiemme, gli alberghi erano affollati di turisti, in gran parte famiglie, mamme e papà, bambini e ragazzi, nonni e nonne, molti dei quali ospiti abituali di quelle strutture a carattere familiare, sistemazione ideale per trascorrere sereni giorni di vacanza. Persone ‘comuni’, semplici, che non cercavano ambienti mondani, ma che apprezzavano quei luoghi ameni, i prati verdi, i folti boschi, i facili sentieri per gratificanti passeggiate, le montagne circostanti per qualche uscita ‘importante’ da ricordare e raccontare una volta tornati a casa. E poi l’ambiente ormai familiare di quegli alberghi, forse un po’ demodé, ma dove ci si sentiva come a casa propria, con i proprietari attenti e solerti, la cucina semplice e curata, il personale amichevole e sorridente, con le giovani cameriere che venivano fin dalla Sardegna…
E anche quel 19 luglio era cominciato come ogni altro giorno. La colazione nelle sale dalle grandi vetrate, poi le passeggiate nel bosco o al vicino parco giochi dove i più piccoli si erano divertiti sullo scivolo e sull’altalena, mentre qualcuno tra i più grandicelli era sceso sul greto del torrente Stava, là dove c’erano tratti sabbiosi e si potevano costruire dighe di sassi e di rami e legnetti vari, controllati a breve distanza dallo sguardo di nonni amorevoli, finché si era fatto mezzogiorno, l’ora di tornare all’albergo per il pranzo.
Sì, svelti, a tavola, una volta lavate le mani e dato un colpo di pettine ai capelli scomposti. Svelti, perché c’erano le lasagne al forno e il profumo già si sentiva provenire dalla cucina oppure si poteva scegliere una fumante polenta con il formaggio fuso e i funghi dei boschi vicini e poi la crostata, quella ‘speciale’, con la marmellata di albicocche, preparata dalla signora Teresa, una cuoca dalle mani d’oro…
Sì, erano tutti seduti a tavola, i bambini con il tovagliolo ben annodato, si sa che le macchie di sugo non sono facili da togliere, e il nonno che si era versato un goccetto di quel vino rosso della casa, giusto un sorso in attesa della ‘sua’ polenta e le giovani cameriere che, simili a giocoliere, uscivano dalla cucina con tre-quattro piatti tra le braccia, quando…
Tutto accadde in un attimo: una folata d’aria che fece svolazzare le tende delle ampie vetrate, una specie di sibilo che divenne via via più forte, un rombo assordante e poi fu l’inferno.
Una massa di oltre centosessanta mila metri cubi di fango, proveniente dai sovrastanti bacini di decantazione della miniera di Prestavel, in seguito alla rottura dell’argine superiore, scese a valle a una velocità di quasi 90 chilometri orari spazzando via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontrò fino a che non raggiunse la confluenza con il torrente Avisio.
Erano le 12,22 di venerdì 19 luglio 1985.
Le vittime furono 268, di cui 28 bambini con meno di 10 anni, 31 ragazzi con meno di 18 anni, 89 uomini e 120 donne, morti per la superficialità, la noncuranza, l’approssimazione, l’incuria e la negligenza di chi aveva progettato, costruito, ampliato un siffatto impianto, senza curarsi dei rischi che essi comportavano.
La catastrofe del 19 luglio 1985 in Val di Stava è uno dei più gravi disastri al mondo dovuti al crollo di discariche a servizio di miniere e rimane a tutt’oggi una delle più gravi catastrofi industriali e ambientali mai verificatesi in Italia.

Quest’oggi, nell’ambito delle uscite del mercoledì, ci siamo recati nella valle di Stava, dove, al termine di una bella escursione tra i prati ed i boschi della zona, di fronte alle cime della catena del Lagorai ancora abbondantemente innevate, abbiamo incontrato il responsabile della Fondazione Stava, meritoria organizzazione che si occupa di tenere vivo il ricordo dei defunti, perché simili tragedie non debbano più accadere, come sottolineato dalla sua ‘mission’:
Perché non si perdano, più, vite e non si facciano soffrire, più, uomini.
La loro perenne memoria sia di monito
perché la superficialità, la noncuranza, l’approssimazione, l’incuria, l’interesse
non debbano più prevalere sulla cura per l’uomo,
la sacralità della vita umana, la coscienza delle personali responsabilità.

E di fronte alla Stava di oggi, un’oasi di verde, armonia e bellezza, il pensiero non può non correre a quelle vite spezzate in un attimo, in una bella giornata estiva. Che possano riposare in pace.

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Prima o poi si ritorna… Aggiornamenti

Eccomi di nuovo su queste pagine, dopo un mese di…. ‘silenzio stampa’.
No, non c’è stato niente di diverso o di particolare nella routine quotidiana di una signora di una certa età, sia pur giovanile, l’inglese, la ginnastica (siamo ormai a -1 lezione prima della fine… dell’anno ‘scolastico’), le gite in montagna, e le domeniche e i mercoledì (che sarebbero quelle per i pensionati, ma alle quali cerchiamo di non mancare, da pensionati quali siamo…). E poi, ovviamente, il Mandacarù che ci vede in via di trasloco, dal grande negozio d’angolo in piazza Fiera dall’oneroso affitto, ad altro grande negozio, giusto a due passi nella stessa piazza, dall’oneroso mutuo, stavolta.
Intanto i giorni sono passati e siamo ormai alla fine di maggio e al momento di partire per la Corsica, per la consueta settimana escursionistica organizzata dalla Sat. Anche quest’anno saremo numerosi, cinquanta ‘giovanotti’ e ‘giovinette’ (credo che di under-50 ci sia un’unica partecipante ;-)), pronti ad inerpicarci lungo agevoli (speriamo!) sentieri còrsi con una, due puntate marittime, speranzosi di trovare un tempo favorevole e curiosi di scoprire quali ‘speciali’ menu ci verranno forniti nel pasto di mezzogiorno, in quei contenitori simil-Tupperware per i quali siamo stati invitati a portare, bagaglio appresso, casalinghe posate. Per intanto fioriscono ipotesi e si accettano scommesse (;-))
E nel frattempo abbiamo fatto il nostro dovere di cittadini, andando a votare domenica scorsa, seguendo poi con un pizzico di apprensione i primi risultati, tirando infine un sospiro di sollievo e gioendo per i risultati. Il timore, infatti, di una vittoria, ampiamente gridata, anzi, urlata, dal ‘moderato e pacifico’ cappellone ligure era grande e questo ha sicuramente spinto diverse persone che mai in vita loro avevano votato per il centro-sinistra a tracciare un segno, sia pur con qualche riluttanza, sul simbolo del partito del capo del governo, come ha confessato un’arcigna compagna di ginnastica, sorprendendomi assai…
Per concludere, stamane ho compiuto uno ‘strappo’ estetico: stufa del caschetto simil-Caterina Caselli degli anni sessanta, ho abbandonato Edward-mani-di-forbice e mi sono recata da altra parrucchiera, un’estroversa signora, titolare di un salone a Caldonazzo, ridente località sull’omonimo lago ad una ventina di km da Trento. Ma come, si domanderà qualcuno, non ci sono dei ‘friseurs’ più vicini a casa, senza doversi sobbarcare un trasferimento in auto o in treno? Certo, di saloni ce n’è in abbondanza, quasi uno in ogni strada della città, ma ho preferito questa ‘trasferta’ dopo aver ammirato il taglio di una mia conoscente, cliente della parrucchiera in questione.
-E allora facciamo lo stesso a lei- mi ha detto la titolare –Via, questo caschetto, alleggeriamo questa massa di capelli…-
Così, mi sono rinnovata. Oddio, a parte il consorte, l’amica Elena e la vicina di casa e di volontariato, nessun altro se n’è accorto. Vedremo domani mattina, quando ci troveremo in oltre trenta escursionisti per l’appuntamento del mercoledì se qualcuno dirà qualcosa…

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Auguri

Buona Pasqua!

pasqua2014

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Del più e del meno…

Martedì 15 aprile, cinque giorni a Pasqua. Sembrava così lontana, una vera Pasqua ‘alta’, e invece ci siamo quasi. Giornate primaverili, piene di sole, verde, fiori rigogliosi, cieli azzurri e gradevoli temperature, con punte fin troppo calde per la stagione, tanto da costringerci a cercare posti all’ombra nei consueti incontri caffè del martedì mattina. Tutto questo fino a stamattina, quando siamo stati accolti da un’altra splendida giornata di sole, ma con un’arietta fresca fresca, giusto per usare un eufemismo, da far rimpiangere la maglia di lana… I servizi meteo, comunque, in particolar modo Katameteo in cui ripongo grande fiducia, nonostante lo scetticismo del coniuge, sono ottimisti riguardo ai prossimi giorni, con l’unica eccezione della giornata di sabato 19, che ci regalerà cieli bigi, piovaschi e temperature in calo.
Bene, ho pensato, tutto ok per l’escursione in terra altoatesina di giovedì (già, sono cominciate le infrasettimanali, tranquille passeggiate per i camminatori… più contemplativi), ma una disdetta per il sabato, giorno in cui saremo a Bologna per visitare la mostra dedicata a Vermeer. Una prenotazione ‘vecchia’ di qualche mese per un’uscita culturale e una toccata-e-fuga nella città emiliana, approfittando di una veloce (sia pur costosa) Freccia Rossa. Vorrà dire che faremo di necessità virtù, armandoci di ombrello e ‘sfruttando’ i famosi portici per una passeggiata…. all’asciutto.
La giornata di Pasqua ci vedrà, poi, ospiti al desco di mammà, che, ha già messo per così dire le mani avanti, ‘cucinerà i suoi soliti piatti’. Tanto per fare delle previsioni, ci sarà il (suo) tradizionale pasticcio di lasagne o, in alternativa, come lo scorso anno, delle tagliatelle al ragù, preparate perché tanto piacciono alla nipote più giovane, la quale ne mangiò forse forse una forchettata, seguito da un altrettanto classico arrosto con contorni vari e, a concludere, colomba e uovo di cioccolato. Un pranzo, insomma, che ci lascerà sazi e soddisfatti, al quale seguirà un ‘rinforzo’ dolciario a casa di mia sorella, nel corso del pomeriggio.
E a Pasquetta… un‘ulteriore mangiata in compagnia con gli amici della Sat, in una malga-ristorante sulle montagne a pochi chilometri da Trento, che raggiungeremo al termine di una (moderata) camminata, tanto per alleggerire la coscienza (;-)). Quest’anno siamo sicuri di non trovare neve sulla nostra strada, a differenza della Pasquetta scorsa, quando lo scendere lungo ripidi pendii coperti da un alto strato nevoso aveva regalato a molti di noi vivide ‘emozioni’ con rovinose cadute tra le risate generali (https://picasaweb.google.com/109138879681714396207/PasquettaAlRifugioTonini#5861974051477226146).
Intanto continuano le nostre uscite settimanali, che stanno riscuotendo notevole successo con pullman quasi sempre al gran completo. Domenica scorsa ci siamo spostati in terra lombarda sui monti prospicienti il lago d’Iseo, alla scoperta di nuove zone e di nuovi itinerari. Per me questa è stata la decima uscita stagionale; non ho mai fatto, invece, un computo totale delle escursioni effettuate dal 1998 ad oggi. Sicuramente saranno qualche centinaio… fors’anche cinquecento. Quando avrò un attimo di tempo le conterò…

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Domeniche

Sì, me lo sono chiesta anche stamattina, mentre salivo con passo costante e sudando tutto il sudabile, tanto che mi sarei potuta fare uno shampoo senza usare una goccia d’acqua, la ripida salita della Calà di Sasso, una vecchia mulattiera ‘scalinata’ che risale ai tempi dei tempi, nel comune di Valstagna, ridente paesino a pochi chilometri da Bassano.
E l’ho pure comunicato ad Ivana e Paolo che camminavano qualche passo dietro di me.
Quali colpe avrò mai da scontare, ho detto, per meritare tutta questa fatica?
Ah, ah- ha commentato Ivana –vedila come una ‘penitenza’ quaresimale..
Sì, una penitenza, abbiamo concluso, asciugandoci per l’ennesima volta i rivoli di sudore che scendevano copiosi dai nostri volti. Due ore di salita in un fitto bosco prima di uscire nei prati di Chiesa di Sasso, dove c’erano i compagni che ci avevano preceduto e dove sarebbero giunti, ben distanziati, coloro che erano dietro di noi. Cinquanta escursionisti, guidati da una giovane capo-gita alla sua prima esperienza, con la partecipazione di alcuni altri giovani che hanno contribuito ad abbassare… di qualche mese la solitamente elevata età media dei gitanti Sat.
Un’escursione, questa odierna, che avevo già fatto nel lontano 1999, con un diverso ‘rientro’, rispetto a quello odierno, uno stretto sentiero che scendeva ripidamente con stretti tornantini e che mi ha fatto versare altre stille di sudore… Perché sarà anche vero che in discesa ‘ogni santo aiuta’, ma alla fin fine preferisco le salite, ancorché faticose. Le discese richiedono sempre attenzione costante, soprattutto se il terreno non è dei più agevoli…
Comunque questa domenica si è conclusa in modo ‘sereno’, senza intoppi, complicazioni, disguidi. Anzi, ci siamo quasi tutti concessi, una volta tornati a fondovalle, dei gustosi gelati, giusta ricompensa a tanta fatica. E che importa, se a Chiesa di Sasso ne avevo già mangiato uno? 😉
Sì, finalmente una domenica senza inconvenienti. Perché già avevamo vissuto l’esperienza di trovarci dispersi per i boschi innevati della val Badia e, quella successiva, avevamo annullato l’escursione per maltempo, ma anche lo scorso 30 marzo ci aveva riservato un happening inatteso.
Era stata una lunga camminata sulle pendici del monte Pizzoccolo, boscoso rilievo che si affaccia sulla riva occidentale del lago di Garda, nel comune di Tuscolano Maderno, con ripide salite e altrettanto ardita discesa e breve sosta finale prima di ripartire alla volta di casa.
-Ci siamo tutti 35, possiamo partire!- aveva affermato il capo-gita, dopo la ‘conta’ quando già eravamo seduti in pullman. E l’autista Orazio aveva avviato il potente mezzo, scendendo la tortuosa strada che portava al paese rivierasco, quindi risalendo l’altrettanto tortuosa litoranea, tra gallerie, curve e controcurve fino a Riva del Garda. Tutto bene, fino a quel momento. In forse tre quarti d’ora saremmo stati a Trento e si cominciava già ad assaporare profumo di casa, quando cominciarono….le sorprese. Dapprima una lunghissima e lentissima colonna di auto, tra Riva e la vicina città di Arco, che costrinse lo chauffeur a procedere a passo d’uomo, quindi il ‘botto’ finale: sul pullman ‘mancheva el Gigi’!!
Sorpresa, sconcerto, incredulità generale. Come, ‘manca el Gigi? Ma èlo en scherz? Ma se i ho contàdi…
No, non era uno scherzo. Il Gigi, aitante giovinetto pressappoco mio coetaneo, stava viaggiando a bordo di un taxi al nostro ‘inseguimento’. Era successo che, arrivato al pullman, una volta portata a termine la gita, dopo la rituale sosta al bar vicino, egli si fosse allontanato di qualche decina di metri, senza peraltro avvisare alcuno del gruppo, per osservare dei giovani che stavano atterrando con il parapendio. Intento com’era ad ammirare le manovre degli emuli di Icaro non si era reso conto che i minuti passavano e non aveva sentito il rumore del mezzo che stava partendo. D’altro canto, il capo-gita, probabilmente confuso da quei soliti che ‘vanno avanti e ‘ndré’ sul pullman, aveva contato due volte una stessa persona e nessuno dei presenti si era accorto della mancanza del compagno di viaggio. C’erano state poi altre circostanze che avevano impedito al ‘poverello’ di comunicare con qualcuno di noi, così l’unica soluzione era stata…il taxi.
Cosa vuoi farci, mi aveva detto Gigi, al telefono l’indomani mattina, sono cose a cui si può porre rimedio.
Parole sacrosante. Sempre che non si voglia prendere in considerazione il suggerimento di Lina di fare un ‘salto’ a Lourdes o in altra località… miracolosa. 😉

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La domenica delle beffe

Domenica 23 marzo
Sembrava troppo bello. Oltre due settimane di tempo splendido, temperature primaverili, sole scintillante, che ci avevano già proiettati verso l’estate. L’ideale, insomma, per la prima escursione ‘pedestre’, una tranquilla passeggiata… da Trento a Trento, con salita al passo del Cimirlo, discesa in Valsugana, spostamento a Civezzano e risalita a Villamontagna da cui si sarebbe tornati in città. Lunga, certamente, ma senza alcuna difficoltà, se si esclude il numero di km da percorrere. In più la possibilità di ammirare vasti panorami, di camminare lungo strade poco frequentate, di stare in allegra compagnia, ‘guidati’ da una capogita special, vale a dire la sottoscritta (eheheh) 😉
E invece è arrivato un fronte umido di origine atlantica, con precipitazioni abbondanti a partire dalla serata di sabato e una fitta nuvolaglia che ha nascosto le ‘nostre’ montagne, con un deciso abbassamento della temperatura. Quindi, la decisione di annullare l’uscita e il conseguente invio di tutta una serie di sms a quegli iscritti che avevano lasciato un recapito telefonico, per finire con una rapida ‘puntata’ al luogo di partenza, stamattina verso le 8, casomai qualche indomito escursionista non raggiunto dalla mia comunicazione si presenti con tanto di ombrello, zaino, annessi e connessi. Come si poteva prevedere, nessuno è così audace da affrontare le intemperie, ma, da valente guida, non volevo correre rischi.
Così trascorro una domenica casalinga, pigra e ‘sfaccendata’, in compagnia di un consorte un po’ acciaccato per via di un fastidioso raffreddore, con un pranzo ridotto ai minimi termini (direttamente proporzionale al contenuto del frigo…), un pomeriggio tra poltrona e divano, alternando un pisolino, un po’ di lettura, un po’ di enigmistica, un po’ di pc. Ma c’è anche il tempo per una piccola merenda, un tè, uno yogurt, mentre l’amato bene compie un’accurata ricerca di qualche genere commestibile che rientri nella categoria ‘dolci’. Ahimè, non c’è un granché in casa e si deve accontentare di qualche biscotto tipo Oro Saiwa…
-Vuoi che prepari una (veloce) ‘tenerina’ con cioccolato e noci?- gli propongo, ma stoicamente egli rifiuta.
Bene, rifletto, una tentazione in meno anche per me… 🙂 
Solo nel tardo pomeriggio ho uno slancio vitale e mi dedico ‘appassionatamente’ alla cyclette (la new entry natalizia) e per un salutare, ancorché monotono esercizio e per sfatare la diffusa diceria che strumenti simili, dopo un iniziale entusiasmo, sono fatalmente destinati a tramutarsi in… attaccapanni.
Così, versata la dovuta razione di sudore, percorsi circa 21 km, consumate ‘ben’ 400 calorie e dopo gli indispensabili lavacri, sono pronta per una cena altrettanto frugale del pranzo, in cui l’estro creativo del cuoco di casa si produce in una omelette con radicchio trevigiano, a complemento della (quasi) quotidiana minestra di verdure, mai tanto apprezzata come in quest’età della vita…
E concludo la giornata davanti alla tv, riuscendo perfino ad avere un semi-crollo di fronte alla Littizzetto. Veramente il colmo!!

Lunedì 24 marzo
Da non crederci. Questa è una beffa bella e buona: una domenica piovosa e con grigiore alzo zero e un lunedì di sole, cielo pressoché sereno, un po’ di venticello e il Bondone spolverato di neve. Ho capito che al tempo, come alle donne e ai ‘siori’ (=ricchi) no se comanda, come recita un proverbio leggermente malevolo nei confronti dell’universo femminile, ma questo è proprio il colmo.
Speriamo almeno per la prossima…

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Una domenica ‘speciale’

No, non sarà dimenticata tanto facilmente l’escursione sulle nevi altoatesine di domenica 16 marzo, anzi, diventerà oggetto di battute e di ricordi, almeno tra i partecipanti, andando a far parte di quel gruppo di esperienze ‘montuose’ che sono, per così dire, passate alla storia… della Sat.
E dire che si era partiti così bene, alla faccia delle nere previsioni dell’amico Ezio, che già vedeva scambi di pullman, di attrezzature e quant’altro, data la simultanea partenza di due-automezzi-due alla volta di due diverse mete. Tutto si era svolto con ordine e precisione e i veicoli avevano preso il largo, ciascuno con i ‘corretti’ partecipanti. Il più capiente, con più di 50 escursionisti, verso la valle di Fassa e l’altro, più piccolo, con 39 ciaspolatori diretto in Alto Adige, nella zona di Bressanone, a bordo del quale stava pure la sottoscritta.
Il primo ‘choc’ della giornata era avvenuto al momento della sosta caffè, all’uscita del casello di Chiusa, dove l’amico R. aveva accusato un improvviso malore, spaventando non poco chi gli era vicino. Immediata telefonata al 112, arrivo di un’autoambulanza e R. aveva preso la via dell’ospedale di Bressanone per una visita più approfondita con i necessari esami (grazie al cielo tutto si è poi risolto senza conseguenze) e noi eravamo ripartiti con uno di meno e qualche preoccupazione nell’animo.
Arrivati nella piccola frazione di Plancios, ciaspole ai piedi, avevamo cominciato la nostra escursione, una lunga ma non difficile traversata sulla neve che ci avrebbe condotti, nelle prime ore del pomeriggio, in val Badia, nel paesino di Antermoia. La giornata era splendida, l’ideale per una gratificante camminata tra paesaggi incantati, con le montagne innevate a fare da sfondo e il Sass de Putia in primo piano, baite che facevano pensare a casette di gnomi, in un silenzio magico, rotto solo dal rumore delle nostre ciaspole e da quelle quattro parole che l’uno o l’altro scambiava con chi gli stava vicino, sotto un sole splendente che rendeva scintillante il manto nevoso. Per di più il percorso non era affatto difficile, salite moderate e piccole discese in un vasto altopiano, fino al passo delle Erbe, dove eravamo giunti circa tre ore più tardi, giusto giusto all’ora canonica del pranzo. Al sacco, per i più ‘spartani’ o all’interno della confortevole Utia de Borz, per chi, come me, non aveva un granché nello zaino.
E, nella bella sala da pranzo, stile rustico, molti di noi avevano gustato le specialità della casa, in una conviviale atmosfera, ‘sollevati’ dalle notizie testé provenute sulle condizioni di salute di R.: tutto ok e il nostro amico, prontamente ‘recuperato’ dalla consorte in quel di Bressanone, era già a casa. Sarebbe venuto, la sera, al pullman a recuperare zaino e bagagli annessi.
Intanto si erano fatte le 14 e il capogita aveva dato il via al tragitto di rientro: in neppure due ore saremmo giunti ad Antermoia e di lì si sarebbe potuti ripartire anche prima dell’orario stabilito. Benissimo, avevo pensato, così sarei giunta in tempo per poter votare alle (locali) primarie del Pd. Non mi ero resa disponibile per il seggio, ma almeno il voto…
Così ci eravamo incamminati, risalendo quegli ottanta metri di salita che ancora ci mancavano, giusto quello che ci voleva per digerire l’ultimo boccone di canederlo, per poi scendere, nei vasti prati prospicienti il passo, passando accanto a grossi massi erratici ‘incappucciati’ di neve e seguendo comode tracce fino a raggiungere la (chiusa) Utia de Goma, dove il gruppo si era ricompattato. Di qui, capogita in testa, avevamo proseguito la nostra marcia a ranghi compatti fino a che…
Stavo chiacchierando con Alberta –il comodo tracciato permetteva amabili conversazioni- quando la ‘guida’ si era fermata… (e noi altrettanto). Che cos’era successo? Mah, pareva che non si fosse sulla strada ‘giusta’. Guarda di qui, scruta di là, non c’era un segnale visibile a pagarlo oro, per cui, dopo un’attenta consultazione della carta e qualche esitazione, il ‘conducator’ aveva deciso: scendiamo attraverso il bosco. Non sarà la ‘retta’ via, ma più a valle ci dovrebbe essere la traccia…
Così erano cominciate le nostre peregrinazioni: prima scendendo nel bosco, poi risalendo un pendio, proseguendo lungo una pianeggiante traccia e di nuovo una discesa nella neve soffice (grazie a Dio!), quindi avanti, avanti, avanti, su altra strada forestale e ancora avanti, avanti, avanti, mentre i minuti passavano inesorabili e si erano fatte le 15.30 e poi le 16 e le 16.30 e noi stavamo ancora vagando per i boschi della val Badia. Un passo dopo l’altro, fino a trovarci in vista di Antermoia. Alleluia! Peccato solamente che ci separasse una valletta, con una ripidissima discesa a ‘picchiopendio’ in un fitto bosco… E a questo punto non era rimasto che far buon viso a cattivo gioco e scendendo con tutte le cautele del caso, quindi risalendo una non meno ripida strada asfaltata, ciaspole in mano, avevamo raggiunto il pullman, che da mo’ era in nostra attesa, quando stavano per scoccare le 18,30. Alla faccia delle due ‘orette’ di strada!!
E a questo punto, ritardo per ritardo, una sosta rifocillante in un bar del luogo era stata d’obbligo, prima di riprendere la via di Trento, dove eravamo giunti esattamente alle 20.57.
Con un capogita avvilito, che si era scusato a più riprese e che ci eravamo sentiti in dovere di ‘consolare’, perché può capitare a chiunque di sbagliare e, come si suol dire, tutto è bene quel che finisce bene…
Pazienza solo per le ‘mie’ primarie (penso di essere stata l’unica ‘interessata’). Mi rifarò alla prossima occasione!

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